San Severino Lucano

Temi: San Severino Lucano - Mezzi: a piedi

Allocato ai piedi del Monte Pollino e di Timpa della Guardia, impreziosito dai corsi d’acqua dei torrenti Peschiera e Frido che scorrono fino al suggestivo Bosco Magnano, si trova San Severino Lucano uno tra i borghi più pittoreschi della provincia di Potenza, punto di partenza e di arrivo di escursioni, pellegrinaggi e passeggiate tra le bellezze del Parco Nazionale del Pollino. Il paese custodisce piccoli tesori architettonici e culturali che comunicano l’intima atmosfera del borgo. Chiese, portali lapidei e palazzi databili nella seconda metà del XIX secolo, mulini ad acqua per la molitura dei cereali sono la testimonianza della presenza di attività artigiane e manifatturiere. I suggestivi vicoletti tipici dei paesi di montagna su cui affacciano balconcini decorati di fiori che abbelliscono ogni angolo del paese e delle sue pittoresche frazioni. Frazioni che si estendono sul territorio offrendo ognuna una sua peculiarità. Mezzana e dintorni hanno costruzioni tipiche in pietra e vicoli caratteristici che richiamano i paesaggi montani. A partire da valle tanti sono i sentieri. Abbiamo quelli che portano il visitatore al recinto di adattamento del Cervo (loc. Bosco Magnano), e poi quello del Torrente Peschiera e di Bosco Magnano, delle Pietre Tonanti, di Timpa della Guardia, del Pellegrino, del Monte Pelato e Acqua Tremola, delle Gole di Jannace e il sentiero lungo il Fosso Arcangelo e quello della Valle dei Mulini lungo il Frido. 

San Severino Lucano è un paese di recente fondazione, sorge nel periodo dei primi venti anni del secolo XVI, secondo lo storico Giacomo Racioppi. Sulle origini del paese ci sono due ipotesi: la prima, sostenuta dallo storico Giovanni Di Giura, afferma che San Severino è stato fondato dai monaci cistercensi della vicina abbazia di Sagittario. Questi costruirono, nella località da noi oggi abitata, poche case per alloggiare i propri servi e coloni. In origine questa terra era in feudo della celebre famiglia principesca dei San Severino che donarono ai monaci questa contrada da loro poi battezzata col nome di Casale di San Severino per onorare i benefattori. Secondo, lo storico Perrella e la tradizione popolare orale, l’origine di San Severino si fa risalire ad alcuni fuggiaschi, originari di Castelsaraceno, che vollero sottrarsi a gravi prepotenze del barone del loro paese. Entrambe le ipotesi possono considerarsi veritiere. Un primo nucleo stabile di abitatori doveva essere a San Severino tra la fine del 1400 e gli inizi del 1500. A questo primo nucleo si sarebbero aggregati esuli di Castelsaraceno. La denominazione di Casale di San Severino rimase sino al secolo scorso e dal 1862 prese l’attuale nome di San Severino Lucano. Nel 1796 il numero dei suoi abitanti è salito a 2200 secondo lo storico Francesco Sacco e nel 1871 il paese contava 5515 abitanti. Il numero degli abitanti è andato man mano diminuendo ed oggi ce ne sono 2226. In questa terra si trovavano già nel secolo scorso: una Parrocchia sotto l’invocazione di Santa Maria dell’Abbondanza e di San Vincenzo. Con l’abolizione della feudalità, San Severino si organizzò in Comune nel 1806. San Severino fu interessato dal fenomeno del brigantaggio. Tra il 1880 e il 1905 nel nostro paese ci fu una massiccia emigrazione transoceanica. Parecchi nostri paesani se ne andarono in America in cerca di fortuna e là si sistemarono definitivamente. Il tenore di vita dei sanseverinesi, la metà del XIX secolo, era bassissimo. Per la posizione geografica e per la mancanza di strade, il commercio era scarso. L’occupazione principale dei Sanseverinesi era l’agricoltura associata alla pastorizia. I piccoli fondi erano coltivati secondo antiche tradizioni; relativamente fiorente era la pastorizia. In autunno le mandrie scendevano dai monti per andare a svernare nelle pianure bagnate dal mare Ionio. Anche le attività artigiane e manufatturiere erano quasi allo stato primitivo. Si conoscevano solo i mulini ad acqua per la molitura dei cereali e le gualchiere per assodare i grezzi tessuti di cotone, di canapa e di ginestra. In ogni famiglia c’era il telaio casalingo per la filatura e tessitura della lana e del cotone, la quasi totalità delle donne erano filatrici. L’attività tessile domestica è scomparsa venti, trenta anni fa. C’erano anche piccoli opifici, in cui si fabbricavano chiavi, serrature, cerchi da botti ed altri lavori in ferro; qualche cava e stabilimento per la cottura della calce. Fiorente, invece, era l’industria del legname e del carbone. Sin dal 1822, infatti, sulla sponda destra del Frido, in località Mezzana, vi era una segheria idraulica per la lavorazione del legno. Dal 1930 al 1933 a San Severino (contrada Olmo) funzionava una segheria impiantata per iniziativa dei fratelli Colucci di Roma. Tronchi ultrasecolari di faggi e di abeti venivano portati dalle montagne nelle segherie per essere lavorati. 

Una delle vere attrazioni artistico-culturali, letteralmente calata nel paesaggio del territorio di San Severino Lucano, è l’opera di arte contemporanea “RB- RIDE”, la “Giostra rallentata” di Carsten Höller, una ruota panoramica con 12 braccia o navicelle, su cui possono salire 24 persone per volta. 

L’originale attrattiva che rientra in un percorso di opere di arte contemporanea realizzate da artisti di fama mondiale e allocate nei paesi del Pollino, permette a chi vi sale sopra di fare un giro con un movimento lentissimo, 15 minuti di “calma” per la contemplazione del paesaggio naturale mozzafiato che da lì si può godere. Timpa della Guardia è a oltre mille metri di altezza, dalla sua cima è possibile ammirare da un lato le vette più alte del Pollino e dall’altra la valle del Sinni con lo splendido scenario della diga di Monte Cotugno. 

Il Santuario della Madonna di Pollino, a 1.527 metri sopra il livello del mare, è una vera oasi di pace, un angolo per la terapia dello spirito che dalla amena vetta dona serenità ai cuori. 

A pochi metri è posta una splendida scultura in bronzo alta 2,20 metri, realizzata dall’artista Daphnè Du Barry, raffigurante la Vergine, una Madonna non statica, ma colta nell’atto di esporre il proprio bambinello verso la valle, suggellandone l’immagine benedicente rivolta a tutti gli abitanti della vasta area del Pollino lucano. 

L’area del Santuario rappresenta il punto di partenza ideale per le escursioni sulle vette più alte del Parco del Pollino e quindi Serra di Crispo, Serra delle Ciavole, Monte Pollino, Serra del Prete e Dolcedorme. 

La chiesa di Maria Santissima degli Angeli dall’imponente architettura in stile romanico è a tre navate e al suo interno si accede attraverso un pregevole portale. Subito si nota una bella volta lignea e, man mano che ci si addentra, si svelano i nove altari di marmo multicolore e un suggestivo crocifisso ligneo del ‘500. La Chiesa di San Vincenzo Ferreri. Nella parte alta sorge la chiesa di San Vincenzo, Tempio che si eleva su una zona incantevole e poco sovrastante l’abitato risale al 1765.  

A Cropani, la Chiesa di recente costruzione, dedicata a San Francesco di Paola. 
A Mezzana la Cappella della Madonna dell’Abbondanza. 
A Villaneto la Cappella della Madonna del Carmine. 

Si possono fare escursioni libere o guidate a piedi o con automezzi autorizzati, a cavallo o in Mountain Bike e per gli esperti arrampicate su pareti attrezzate o passeggiate con sci di fondo. C’è poi un attrezzato Parco Avventura, qui immersi nella natura, è possibile fare una serie di percorsi composti da ponti tibetani, ponti oscillanti e reti da arrampicata studiati per le diverse esigenze di bambini, ragazzi e adulti.

A partire da valle il sentiero che conduce al recinto di adattamento del Cervo (loc. Bosco Magnano), quello del Torrente Peschiera e di Bosco Magnano, delle Pietre Tonanti, di Timpa della Guardia, del Pellegrino, di Monte Pelato e Acqua Tremola, delle Gole di Jannace e il sentiero lungo il Fosso Arcangelo e della Valle dei Mulini lungo il Frido. 

Nella frazione Mezzana si trova il museo della Civiltà contadina, che conserva elementi che ricordano la nostra cultura contadina ed artigiana che si è protratta nei secoli. A Mezzana c’è poi il PALAFRIDO, una struttura multimediale diventata “custode” di storia e tradizione, al suo interno uno spazio è occupato dal Museo Laboratorio della Fauna Minore, noto anche e forse più, come Museo delle Farfalle, esso rappresenta un momento di approfondimento scientifico delle varie specie di insetti presenti nel territorio. Nella stessa struttura c’è anche un’altra vetrina importante “Keramos” il museo delle sculture contemporanee che presenta opere di artisti di tanti paesi del mondo. Nel Centro Visita, una bella esposizione di Cronologia geologico – paleontologica e tre plastici riguardanti il territorio del Parco, il fenomeno carsico e il Mulino Iannarelli. A poca distanza da Mezzana è possibile visitare le sorgenti del Frido. 

San Severino Lucano ha un piccolo patrimonio di dipinti murali. Nella frazione Mezzana sono presenti diversi murales realizzati negli anni addietro e che ritraggono scene della vita e dell’attività contadina. Tra San Severino centro e Mezzana è presente un percorso mariano fatto di dipinti murali e destinato a crescere. Dai ruderi dell’abbazia del Sagittario al tempio dedicato alla Vergine del Pollino numerose sono le testimonianze dell’arte e dell’architettura del luogo. 

San Severino lucano ha dato i natali a Gregorio Strozzi, organista e compositore italiano, che nacque a San Severino Lucano intorno al 1615. A Napoli, dove si era trasferito, perfezionò gli studi musicali con G.M. Sabino e prese gli ordini sacri. Nel 1634 ottenne nella chiesa dell’Annunziata il posto di organista lasciato vacante dal Sabino per la nuova nomina a maestro di cappella, in tale posizione era ancora nel 1643, nonostante una promessa di promozione da organista ordinario a maestro di cappella o a I° organista. Noto pure come didatta di canto, appare designato coi titoli di abate, doctor in utroque jure e protonotario apostolico. L’opera di maggiore interesse nell’ambito della produzione di Strozzi è “Capricci da sonare cembali et organi”, concepita nella tradizione della cosiddetta scuola “cembalo-organistica” napoletana. Stampata in partitura comprende 3 capricci veri e propri, 3 ricercate, 3 sonate, 4 toccate, 3 gagliardi, 1 madrigale diminuito, 8 correnti, 2 balletti, 1 ballo e 3 serie di var., vale a dire quasi tutti i generi di musica per tastiera del tempo. Accanto alla sua appartenenza alla scuola napoletana, sono presenti in Strozzi altri aspetti diversi: un gusto spiccato per cromatismi, arditezze armoniche e dissonanze che convive con un senso della scrittura dotta e severa; una certa inclinazione per l’originalità che si denota nell’impiego di figurazioni e abbellimenti insoliti ed estrose relazioni armoniche. Si può cogliere un nesso fra quest’opera e quella dei suoi predecessori quali Frescobaldi e Trabaci, individuabile, ad es. nei capricci (concepiti come susseguirsi di var. contrappuntistiche, secondo la forma Frescobaldiana), nelle ricerche che, con più temi trattati contemporaneamente, riportano a Trabaci. All’es. unito di entrambi si possono ricondurre le toccate, mentre le 3 sonate rivelano più spiccatamente l’influenza di Frescobaldi, appartenendo al genere della canzona – variazione con passaggi da una sezione all’altra in stile recitativo e toccatistico. Queste affinità con opere antecedenti giustificano molte perplessità che nascono dalla considerazione della tardiva data di pubblicazione (1687) e rendono inclini a considerare questi lavori composti nella prima metà del secolo e pubblicati con sensibile ritardo. Interessante è, infine, la dicitura “Passa Y calla” (in spagnolo, “passa e taci”) posta all’inizio della Toccata de Passacagli che conduce l’opera e che può essere presa in considerazione per la dibattuta spiegazione del significato della parola “passacaglia.” 

Il paese ha visto nascere e poi operare il capitano Jannarelli e Serafina Ciminelli e conserva i resti di una pagina di storia vissuta. A Caramola c’era e c’è la «grotta dei Briganti». 
Nei pressi di San Severino esiste una contrada detta «fosso del brigante», triste ricordo del brigantaggio locale. Ai piedi di Timpa Vitelli si apre l’omonima grotta detta anche «dei briganti», dove fu tenuto segregato nel 1863 il signor Nicola Grimaldi, il comandante della Guardia Nazionale di Francavilla sul Sinni che fu bruciato vivo nonostante fosse stato pagato un cospicuo riscatto. 
Altra testimonianza della frequentazione di detta grotta le scritte incise nella parete destra della cavità «1856 se piglia je unà 5 visacce di dinarià»

Regina della cucina è la patata una prelibatezza degustabile con ogni prodotto dei campi abbinabile con le delizie del Pollino, dai peperoni di Senise alla Melenzana rossa di Rotonda. I salumi ricavati da suini allevati in loco a livello artigianale, conservano un profumo ed un sapore antico, inalterato dal tempo. 
I funghi rappresentano il prodotto tipico del sottobosco del Pollino e insieme alle fragoline, more, lamponi, castagne e noci compongono il paniere dello chef arricchito con finocchietto selvatico, ginepro e altri frutti di bosco ingredienti base per deliziosi infusi e liquori artigianali.

San Severino Lucano – Video Panoramico BEL

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San Severino Lucano – Passeggiata nel Borgo in 4K

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