Viggianello

Viggianello è un ridente e piccolo borgo della provincia di Potenza dalla forte impronta bizantina e normanna, situato ai piedi del Massiccio del Pollino, nella Valle del Mercure. 

Le prime testimonianze narrano di un “Castrum Byanelli”, presidio romano sulla Via Appia. Il termine deriva infatti dal possessivo gentilizio romano “Vibianus”, diminutivo di “Vibius”. Nella “Bolla di Alfano” (1079), arcivescovo di Salerno, si incontra per la prima volta il toponimo “Vineanellum”: esso starebbe ad indicare la particolarità del terreno agricolo viggianellese caratterizzato, all’epoca, dalla mancanza di vigne. Dal XII al XV secolo, si può così ricostruire la trasformazione graduale del nome, secondo questa probabile successione: “Byanellum”, “Byanelli”, “Vincianelli”, “Vingianello”, “Viggianello”. 
Come narra la storia, nel XV sec., il paese diventa feudo della nobile famiglia dei Sanseverino, di discendenza normanna, una delle più illustri casate storiche del Regno di Napoli; nel 1496 la fortezza cade nelle mani del Gran Capitano Consalvo de Cordoba che riannette Viggianello ai possedimenti della monarchia di Spagna; strappato agli aragonesi e tornato ai Sanseverino, alla fine del XVI sec., il feudo passa ai Della Ratta, famiglia originaria di Barcellona, e successivamente alla famiglia Bozzuto, la più avida e odiata del casato aragonese. Nel 1799, con il breve governo della Repubblica Partenopea, Viggianello fa parte del cantone di Lauria nel dipartimento del Crati, e nel 1808 diventa Comune. Tramontata la dinastia borbonica, Viggianello è coinvolta nelle varie fasi dell’Unità d’Italia, divenendo terreno di scontro tra esercito piemontese e briganti. 

Oltre ad una ricca storia, il borgo di Viggianello possiede, nel suo repertorio artistico, edifici di culto degni di nota, a partire dalla quattrocentesca cappella di San Sebastiano, di origine bizantina, fino alla Chiesa Madre, ricca di opere d’arte, dedicata a Santa Caterina d’Alessandria. La chiesa, ricostruita dai baroni Bozzuto nel 1634, conserva tele dei secoli XVII e XVIII, un fonte battesimale in alabastro del Cinquecento, un altare in marmo settecentesco attribuito allo scultore Gregorio Palmieri, acquasantiere in marmo bianco dell’Ottocento, un organo a canne del 1880, un coro ligneo del Seicento, una Madonna in pietra del Cinquecento, la rinascimentale statua lignea della patrona con gusto barocco e le mummie di tre preti ricoperte di paramenti dorati, sedute su una panca. 

Tracce di Bisanzio si trovano ancora nella cupola della Cappella della Santissima Trinità, con affreschi riaffioranti, e nella Chiesa di San Francesco di Paola. 

La scultura più bella è la Madonna con Bambino in marmo bianco di Pietro Bernini, custodita nel convento di Sant’Antonio a “Pantana” del XVI-XVII secolo.  

Infine, nella chiesa di Santa Maria della Grotta sono da vedere il portale in pietra bianca del Cinquecento e la Chiesa dell’Assunta, fatta costruire dai principi Sanseverino nel Quattrocento.

Se il registro culturale è ricco e vario, altrettanto lo è quello naturale, con la sorgente del fiume Mercure, luogo idilliaco a valle del borgo, la riserva faunistica del cervo e l’orto botanico, da visitare prima di esplorare il Parco Nazionale del Pollino, di cui Viggianello è il cuore. I pini loricati a monte del paese, i pianori con le loro sfumature di colore diverse a seconda della stagione fanno da sfondo ad un paesaggio dai toni idilliaci e poetici.  

Gastronomicamente parlando, a Viggianello è possibile gustare piatti poveri con i sapori di una terra che ha sempre vissuto di agricoltura e allevamento: la “rappasciona”, un misto di cereali e fagioli, la minestra “mbastata” con patate e verdure di stagione, i fusilli chiamati “rascatièddi”, la “frascàtula”, una verace polenta lucana e la frittata fatta con peperoni e salsiccia. Dall’allevamento vengono formaggi come il pecorino, il caprino e la ricotta, e superbi salumi. Molte aziende agricole producono ancora il “paddaccio”, formaggio di latte di pecora e capra lavorato manualmente.