Castelgrande – Passeggiata nel borgo
Temi: Castelgrande - Mezzi: a piediL’inizio del nostro percorso è qui, tra una natura ancora incontaminata e i segni della modernità. A fare da cornice a questo paesaggio è la Montagna Grande, Zona protetta dell’UNESCO?, con i monti Paratiello (1446 m), Settacqua (1274 m), Ratiello (1057 m). A nord ciò che colpisce la vista è l’alto spuntone di roccia con la chiesa madre. Oggi si presenta spoglio, ma prima era ricoperto di case abbarbicate alla roccia e addossate l’una alle altre. È stato questo il rione più colpito dalla scossa sismica del 23 novembre 1980 e poi non è stato più ricostruito.
La modernità fa capolino nella ricostruzione e nella sinuosa strada a scorrimento veloce che si snoda lungo la valle e proprio qui si immerge nel terreno con un tunnel che attraversa tutto l’abitato
Contenuto/i Principali: storico, religioso
Mezzi: a piedi
Durata itinerario: 1 ora
Indicazioni:
– Tipo escursione: ad anello
– Difficoltà: facile
– Lunghezza: 2 Km
– Dislivello: 154 m in salita, 154 m in discesa
Tappe itinerario
- L’ingresso nel paese di un tempo
(Da piazza Dante)
Dalla spianata di piazza Dante è possibile fare un tuffo nel passato e ricostruire l’evoluzione del paese. Nato intorno all’anno 1000, si è sviluppato a valle di un caposaldo longobardo preesistente.
Da qui, guardando verso l’alto, si nota subito quello che doveva essere il limite sud dell’abitato, il più vulnerabile alle incursioni, delimitato dall’imponente muro della chiesa e, a scendere, dalle file di case che arrivano fino allo spuntone di roccia ad ovest. A sud si vede bene il palazzo ducale, nato successivamente e posto fuori le mura, e il quartiere Borgo attraversato da una bretella della Via Appia costruita un secolo fa.
Nella piazza il busto di Guglielmo Gasparrini, sommo botanico di Castelgrande vissuto nel 1800, ci ricorda di visitare il parco botanico a lui dedicato. - Porte e portali
(inizio via Luigi La Vista)
Salendo lungo la strada principale si intuisce subito quella che doveva essere la porta principale del paese, incastonata tra due file ininterrotte di case alte e robuste. Altre porte dovevano chiudere l’accesso più in alto e lungo le stradine laterali, una delle quali ancora oggi si chiama “il portello”.
A sinistra, salendo, lo sguardo è subito colpito da un imponente portone in pietra, con due leoncini posto a base degli stipiti: era il palazzo del feudatario D’Alemagna, vissuto alla fine del 1400.
Per rendersi conto del sistema difensivo basta deviare leggermente dalla strada principale e imboccare l’arco che si apre a destra: pochi metri e vedrete come le mura di difesa erano le stesse case. - Piazzetta Potito De Sanctis — Astrodomus
Siamo giunti al vecchio centro del paese, dove vi era il municipio. La costruzione oggi ospita l’Astrodomus, una struttura pensata per accogliere i visitatori ed offrire un intrattenimento che non troverà in altri paesi. Da quando Castelgrande è stato riconosciuto come il sito italiano più adatto all’osservazione astronomica, infatti l’astronomia è diventata il filo conduttore di molte iniziative. Qui il visitatore potrà accostarsi alla grandezza del cosmo in maniera sensoriale, attraverso proiezioni video in 3D, exhibit interattivi, giochi dedicati, piccoli esperimenti e interloquendo con esperti del settore. Una esperienza da non perdere, adatta a tutte le età. - Piazza Matteo Cristiano e Chiesa Madre.
Ecco un luogo importante per la storia di questo piccolo centro. L’imponenza della chiesa, la maestosità dei portali che si vedono ci dicono che siamo nel cuore del potere. In questi palazzi vivevano le nobili famiglie che, nel bene e nel male, incidevano profondamente sul resto dell’abitato. Qui vi era la casa di Matteo Cristiano, giurista ribelle che nel 1648 capeggiò in Basilicata e in Puglia la rivolta nata con Masaniello a Napoli; era un precursore che voleva la giustizia sociale e, seguendo questo ideale, guidò con mano ferma ed intelligenza un esercito che tenne in scacco per due anni l’esercito borbone.
Il palazzo che continua verso la cima del paese era della famiglia Cianci, imparentata con i Sanseverino di Chiaromonte, una delle più eminenti e potenti famiglie lucane.
La chiesa, ricostruita dopo il terremoto del 1980, mantiene intatta la facciata di inizio ‘900 con il suo bel rosone; è molto grande, segno di una certa agiatezza della popolazione.
Da qui si snoda lungo le strade del paese una rappresentazione del Sistema Solare con la chiesa che funge da Sole e i pianeti collocati in proporzione secondo le distanze ma non in base alle dimensioni. - Resti del castello
Una torre rettangolare e pochi altri brandelli di muri da qui visibili sono i muti testimoni di quella che fu la presenza longobarda da queste parti. Sono pochi segni sopravvissuti ai secoli e all’incuria degli uomini, ma sufficienti ad un occhio intelligente a raccontare una storia. La storia di un popolo, quello Longobardo, che invade il Sud, lo conquista, lo assoggetta e si contrappone ai Bizantini, anche loro invasori, che avanzano da Sud. Le vicende di Castelgrande, a dire il vero poco indagate a livello storico, si collocano a fine IX secolo, lungo il limes che divideva le due culture, i cui segni sono evidenti, specie nella toponomastica.
La visuale dalla cima della torre (raggiungibile tramite una scaletta) è tale che anche i Tedeschi, in ritirata durante la II Guerra Mondiale la utilizzarono e, con un solo mortaio, tennero ferma per tre giorni la colonna degli Alleati che procedeva da Muro Lucano. - Porta Nuova
L’imponente fronte nord delle mura del paese fu reso accessibile con l’apertura di una porta, costruita in epoca più recente rispetto alle altre: infatti è designata Porta Nuova e il suo arco si intuisce facilmente. Da qui una scala a più rampe permette di raggiungere la zona di San Vito, luogo di confluenza di tre antichi tratturi, oggi trasformati in strade rotabili, che collegavano la borbonica “via del grano” ad ovest, la valle dell’ Ofanto a nord, oltre il passo di Granito, e le valli del marmo e del Melandro a sud.
Dal belvedere di Porta Nuova, comunemente detto “il balcone” si intravede la cupola dell’Osservatorio Astronomico del Toppo e, ad est, il profilo particolare di Monte Giano, sormontato da una croce in ferro. - Rione San Michele
Siamo nel cuore del paese antico e, nonostante le moderne tecniche costruttive adoperate nella ricostruzione del dopo terremoto 1980, qui si vede bene come le case erano addossate le une alle altre, abbarbicate allo spuntone di rocce che delimita l’abitato ad est, naturalmente difeso dall’alta conformazione calcarea ricoperta di abitazioni tra le quali spicca, per la bellezza del portale, quella della famiglia Cianci. Ora questo baluardo difensivo è stato violato da un tunnel, che permette l’arrivo delle auto, e dall’innalzamento del piano di calpestio esterno, ma mantiene inalterato il suo fascino. Da qui ci si può incamminare lungo i gradini di uno qualsiasi dei vicoletti che scendono a valle, stretti tra file irregolari di case, per arrivare in via San Giovanni, camminando idealmente nel medioevo. - Porta San Giovanni
Porta San Giovanni è l’ingresso est del paese, che collegava la strada principale dell’abitato con uno stretto sentiero che si inerpicava in alto, verso la piana di San Vito e da qui alle terre alte dedicate al pascolo e alla coltivazione del grano e delle patate, e che, scendendo a valle, costeggiava il dirupo di Lagofiera per puntare verso Santa Maria e le terre basse, dedicate maggiormente alla coltivazione della vite.
Il ponte che scavalca il dirupo e la via rotabile sono abbastanza recenti – risalgono al 1925 – e, fino a quell’epoca, il quartiere costa, sorto tra l’ansa della strada, non c’era; al massimo c’era qualche orto, ricavato dove l’accentuata pendenza della montagna lo permetteva.
Da qui è possibile immaginare la vita di un tempo, quando l’acqua arrivava solo alle fontane pubbliche, come quella che è rimasta, anche se non utilizzabile, nel vano della porta, e il bucato si faceva alla vasca pubblica, come quella che è rimasta appena fuori dalla porta, scendendo verso la strada rotabile. - Il Convento delle suore
Da qui si può avere una immagine abbastanza precisa dell’evoluzione storica del paese. A inizio ‘900 l’abitato era limitato alla parte a monte della strada rotabile, con case compattate fino a formare una muraglia; a questo centro storico faceva da satellite il rione dei Costarelli, ben visibili in basso, con le case abbarbicate alle rocce tagliate a picco dalle acque del torrente. L’ultimo lembo del costone roccioso ospita una costruzione di una certa entità, che ora mostra i chiari segni di un cantiere per troppo tempo abbandonato: è la casa delle Suore Salesiane, presenti in Castelgrande dal 1917 per circa un secolo. Acquisito dall’Amministrazione comunale, risorgerà a nuova vita come struttura ricettiva.
La strada rotabile, realizzata nel 1925, ha dato il via ad una serie di costruzioni, alcune anche fuori contesto, che hanno unito le due parti dell’abitato allargando il tessuto urbano. - Chiesa extra-moenia di San Vito Martire
Poco si sa dell’origine della chiesa rurale dedicata al Santo Patrono, San Vito Martire, ma un documento ne attesta l’esistenza nel 1700. La costruzione, a navata unica, è stata ricostruita dopo il terremoto del 1980 ma ha mantenuto la sua posizione originaria, rivolta con la porta verso il punto in cui sorge il sole al solstizio estivo e con l’abside verso il punto in cui il sole tramonta al solstizio invernale. È quindi una chiesa solstiziale.
Il piazzale di San Vito è stato sempre un punto di incontro: qui giungevano diversi tratturi, qui si teneva – e si tiene ancora – il mercato, qui si portavano i covoni e si attendeva l’arrivo della trebbia per ricavare i preziosi chicchi di grano.
Qui si svolgono i festeggiamenti del Santo Patrono con le autorità civile che, il 4 luglio, giungono in corteo preceduto dalla bandiera italiana, assistono alla celebrazione eucaristica e poi, tutta la popolazione, rifacendosi ad una antica e viva tradizione, compie il rito propiziatori dei “turni di San Vito”: si gira per tre volte intorno alla chiesa. Una volta tale rito era compiuto anche dai pastori con le loro greggi. - Neviera
Quando non c’erano i frigoriferi, come si conservavano i cibi? Questa strana costruzione può rispondere a tale legittima domanda. E una neviera, una costruzione in muratura, edificata in un punto in cui non batte mai il Sole e sopra un asciutto avvallamento. Per aumentare e mantenere il freddo si mettevano qui dentro lastre di ghiaccio prese nei lunghi giorni invernali. Anche la neve, raccolta appena caduta e senza polvere depositata, veniva conservata qui dentro e utilizzata d’estate, specie durante la festa di San Vito, il 4 e il 5 luglio, per fare dei sorbetti: erano i gelati di un tempo. - Rione Purgatorio
Il rione Purgatorio è il quartiere che, nel 1980, fu più colpito dall’onda sismica originatasi nell’Irpinia e che qui ha abbattuto case ed ucciso sei persone. Per sicurezza, tutto è stato demolito e non più ricostruito, mettendo a nudo lo spuntone roccioso che delimita ad ovest l’antico avamposto sul quale poi sorgerà Castrum de Grandis, fortezza o castello della famiglia Grandis, altrove denominata Grandine. Da qui si capisce l’importanza strategica del luogo, fortificato poi dai Longobardi, per la profonda veduta che, guidata dalle alture dalla Montagna Grande, spazia fino al Massiccio del Pollino. - Santa Maria di Costantinopoli
In una cornice di montagne e di alberi, immerso nel silenzio della campagna lucana rotto solo dal mormorio delle acque del sottostante torrente, la piccola chiesa di Santa Maria di Costantinopoli rimanda, con il suo titolo e con la sua particolare architettura, alla cultura bizantina che qui ha lasciato tracce evidenti nella toponomastica dei luoghi. Un alone di misticità avvolge il sito e la sua genesi, che la tradizione attribuisce direttamente alla Madre di Dio, apparsa a consolare e proteggere dei derelitti scacciati dalle proprie abitazioni e giunti in questo posto cercando riparo e protezione.
La chiesetta infonde nel visitatore un senso di pace e di armonia, anche grazie ai rapporti matematici che si nascondono nella sua strana geometria, essenzialmente costituita da quattro absidi di pari dimensioni che contornano il quadrato centrale. Anche l’orientamento della chiesa non è privo di significato: è infatti una chiesa solstiziale con il sole che, al tramonto del 21 giugno, inonda di luce l’ingresso.
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